Bruce Springsteen, “Thunder Road”, non è solo una canzone da ascoltare – è una canzone da guardare – un pezzo di cinema sonoro che il cantautore in erba ha prodotto, scritto e diretto per proiettarlo nel teatro della tua immaginazione. Diavolo, prende persino il nome da un dramma criminale di Arthur Ripley del 1958 Thunder Road – un veicolo da drive-in per Robert Mitchum.
Paragonando Springsteen al regista pioniere John Ford, il cantante, cantautore e noto fan e seguace di Springsteen – cioè “Tramp” – Patterson Hood – descrive la canzone come la Stagecoach di Springsteen, in quanto “ha annunciato il suo arrivo artistico, che lui è il ‘vero affare’.”
“‘Thunder Road’ era come la scena d’azione d’apertura”, racconta Hood ad American Songwriter, “stabilendo il ritmo di quella che sarebbe stata un’avventura straordinaria”.”
Come scrittore e visionario del rock and roll, Springsteen avrebbe definito se stesso attraverso una tentacolare carriera di 40 anni di inni per la classe operaia, rave-up pronti per il sock-hop, ballate emotivamente devastanti, rocker con il sangue sulle maniche e canzoni d’amore portanti, risultando in un canone ricco di intuizioni sulla condizione umana e l’esperienza americana – dal personale al politico. Ma Born To Run, il suo terzo LP, pietra miliare del 1975, è ancora il suo disco simbolo. Ha liberato il giovane cantautore dalle affermazioni di “prossimo Dylan” che i critici avevano appeso come un albatros ai suoi sforzi del primo e secondo anno, e lo ha stabilito come un’entità singolare – un vero maestro di immagini ricche e liriche, con una voce tutta sua. Ma il disco non è un modello per futuri successi come Darkness On The Edge Of Town, The River, o il blockbuster Born In The U.S.A. Invece, è stato l’inizio di quello che Springsteen avrebbe spesso chiamato “una lunga conversazione” con il suo pubblico.
E’ una conversazione che avrebbe potuto iniziare con il suo inno-paradiso “Born To Run” – aprendo il disco con un ariete, proprio come fece con “Badlands” su Darkness, o con la title track di Born In The U.S.A. Springsteen adotta un approccio più induttivo, optando per “Thunder Road” – una canzone creata come un preambolo, o come l’ha chiamata lui, “un invito” a una narrazione a lungo termine sui ragazzi di una piccola città che sognano ciò che si trova oltre l’orizzonte mentre il sole tramonta in una sudata notte d’estate.
Quando l’ago cade sul lato A dell’LP, tensione e rilascio simultanei si concentrano lentamente sul primo piano. Il ticchettio sognante degli avori del pianista Roy Bittan si gonfia dal solco, in contrasto con l’ululato struggente di un’armonica che suona come lo scricchiolio di una porta a zanzariera che sbatte al rallentatore.
Quando il tempo si accelera verso una cadenza saltellante, l’armonica esce di scena e incontriamo il nostro narratore senza nome e Mary, che, per il momento, è sufficiente per la sua Giulietta. Non è una bellezza ma, ehi, è a posto. È così che Springsteen ci fa sapere che, per i suoi personaggi, non si tratta di amore, ma di romanticismo – romanticismo e compagnia, che deve battere la solitudine. Romanticismo che fa una terra promessa di qualsiasi posto in cui due strade possano portarli, che deve essere meglio di qui, che non è un posto per invecchiare.
Non possiamo fare a meno di sentirci dei voyeur mentre Springsteen proietta la sua visione di Mary che balla su una veranda sullo schermo del film dietro le nostre palpebre, o mentre guardiamo il carro automobilistico della coppia – la loro Chevrolet bruciata, se volete – svanire come John Wayne nel tramonto, o mentre ascoltiamo il Boss far parlare la sua chitarra. E – con la consapevolezza che, indipendentemente da come prevarranno, i nostri antieroi hanno già trionfato. Guardarli prendere il loro destino nelle loro mani è emozionante, perché la loro è una città piena di perdenti, e loro stanno tirando fuori per vincere. E nel momento in cui lo fanno, noi non stiamo a guardare, ma cavalchiamo insieme a loro, spingendo Springsteen e la sua famosa E Street Band a calarsi in un mezzo tempo profondo e a suonarci con un epilogo uditivo da crediti finali per i posteri.
E questa è solo la prima canzone di Born To Run.
Sotto la minaccia di perdere il suo accordo con la Columbia, il futuro di Springsteen dipendeva dal successo o dal fallimento di Born To Run, e lui scrisse meticolosamente, e riscrisse, e riscrisse i suoi versi, e registrò ossessivamente, e ri-registrò, e ri-registrò ogni dettaglio in vista della perfezione – lavorando i suoi soldati della E Street come un generale arroccato in una battaglia per la vita. Ma nonostante la tradizione di alta posta in gioco che incornicia storicamente la gestazione dell’album, il bassista degli E Street Garry Tallent dipinge un quadro meno drammatico. “E’ stato molto organico”, racconta Tallent ad American Songwriter, “eravamo tutti presi nel farlo, e non ci abbiamo pensato troppo… Abbiamo solo cercato di farlo suonare bene, e di farlo sentire bene”
“Thunder Road era una di quelle canzoni che, con le immagini che le parole ti davano – era davvero immediata, e abbiamo detto, ‘Sì, ok! Questa è una grande canzone, lavoriamo su questo. Facciamola accadere”, dice Tallent.
E’ successo. E fu un successo, contribuendo a catapultare il giovane cantante sulle copertine delle riviste Time e Newsweek contemporaneamente, e prendendo il suo posto come una delle voci più essenziali, definitive e amate nel canzoniere di Springsteen, così come un punto fermo perenne dei leggendari spettacoli dal vivo del cantante.
Aveva anche un seguito – “The Promise”. Questo non accadde, dato che la canzone – originariamente destinata a Darkness, fu scartata, trovando alla fine la sua strada verso lo status di non-bootleg quando fu ri-registrata e pubblicata come parte della pubblicazione 18 Tracks odds and ends del 1999, oltre a fornire il nome del massiccio pacchetto di ristampe di Darkness dello scorso anno.
Con la morte di Clarence Clemons, non è chiaro chi suonerà la classica outro di sax della canzone ai futuri concerti (certamente nessuno potrebbe suonarla meglio). Ma in una città piena di perdenti, “Thunder Road” sarà per sempre tirare fuori da qui per vincere.