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A 1813 Puzzle Picture of Napoleon, nello stesso stile di Giuseppe Arcimboldo, acquaforte colorata a mano, nel Cooper Hewitt, Smithsonian Design Museum (New York City)

Giuseppe Arcimboldo non ha lasciato certificati scritti su se stesso o sulle sue opere. Dopo la morte di Arcimboldo e del suo mecenate, l’imperatore Rodolfo II, il patrimonio dell’artista fu rapidamente dimenticato e molte delle sue opere andarono perdute. Non furono menzionate nella letteratura del XVII e XVIII secolo. Solo nel 1885 il critico d’arte K. Kasati pubblicò la monografia “Giuseppe Arcimboldi, artista milanese” in cui l’attenzione principale fu data al ruolo di ritrattista di Arcimboldi.

Con l’avvento del surrealismo i suoi teorici prestarono attenzione al lavoro formale di Arcimboldo, e nella prima metà del XX secolo molti articoli furono dedicati alla sua eredità. Gustav Hocke fece dei parallelismi tra Arcimboldo, Salvador Dalí e le opere di Max Ernst. Un volume monografico di B. Geyger e il libro di F. Legrand e F. Xu sono stati pubblicati nel 1954.

Dal 1978 T. DaCosta Kaufmann si è occupato dell’eredità di Arcimboldo, e ha scritto dell’artista difendendo la sua tesi “Variations on an imperial subject”. Il suo volume, pubblicato nel 2009, riassume l’atteggiamento della critica d’arte moderna nei confronti di Arcimboldo. Un articolo pubblicato nel 1980 da Roland Barthes è stato dedicato alle opere di Arcimboldo.

Il rapporto di Arcimboldo con il surrealismo è stato enfatizzato in mostre di riferimento a New York (“Arte fantastica, dada, surrealismo”, 1937) e a Venezia (“Effetto Arcimboldo: Evoluzione della persona nella pittura del XVI secolo”, Palazzo Grassi, 1987) dove furono presentate le allegorie di Arcimboldo. La più grande mostra enciclopedica del patrimonio di Arcimboldo, dove sono state presentate circa 150 delle sue opere, compresa la grafica, si è tenuta a Vienna nel 2008. Nonostante il fatto che pochissime opere di Arcimboldo siano disponibili sul mercato dell’arte, il loro costo d’asta si aggira tra i cinque e i 10 milioni di dollari. Gli esperti notano che è molto modesto per un artista ad un tale livello di popolarità.

Il patrimonio artistico di Arcimboldo è mal identificato, soprattutto per quanto riguarda le sue prime opere e i quadri in stile tradizionale. In totale rimangono circa 20 dei suoi quadri, ma molti altri sono andati perduti, secondo le menzioni dei suoi contemporanei e i documenti dell’epoca. I suoi cicli Quattro Elementi e Stagioni, che l’artista ripeté con pochi cambiamenti, sono i più conosciuti. Alcuni dei suoi dipinti includono Il bibliotecario, Il giurista, Il cuoco, Il coppiere e altri quadri. Le opere di Arcimboldo sono conservate nei musei statali e nelle collezioni private d’Italia (compresa la Galleria degli Uffizi), Francia (Louvre), Austria, Repubblica Ceca, Svezia e negli Stati Uniti.

Interpretazioni dell’arteModifica

L’oggetto principale dell’interpretazione dei critici d’arte moderni sono i quadri “curiosi” di Arcimboldo le cui opere, secondo V. Krigeskort, “sono assolutamente uniche”. I tentativi di interpretazione iniziano con i giudizi sul background culturale e la filosofia dell’artista, tuttavia non si sviluppa un consenso a questo riguardo. B. Geyger, che per la prima volta ha sollevato queste questioni, si è basato principalmente sui giudizi dei contemporanei Lomazzo, Comanini e Morigia, che hanno usato i termini “scherzi, grilli e capricci” (rispettivamente, “scherzi”, “capricci”, “capricci”). La monografia di Geyger è intitolata: “Quadri comici di Giuseppe Arcimboldo”. Geyger considerava le opere dell’artista come l’inversione, quando la bruttezza sembra bella, o, al contrario, come la disgrazia che supera la bellezza, intrattenendo il cliente regale. Un punto di vista simile è stato affermato da Barthes, che però ha ridotto le opere dell’artista alla teoria del linguaggio, ritenendo che i fondamenti della filosofia dell’arte di Arcimboldo siano linguistici, perché senza creare nuovi segni li confonde mescolando e combinando elementi che poi giocano un ruolo nell’innovazione del linguaggio.

Arcimboldo parla un doppio linguaggio, allo stesso tempo ovvio e offuscato; crea “borbottii” e “gibberish”, ma queste invenzioni rimangono abbastanza razionali. In generale, l’unico capriccio (bizzarrie) che non si concede Arcimboldo – non crea un linguaggio assolutamente poco chiaro … la sua arte non follemente.

Anche la classificazione di Arcimboldo come manierista appartiene al XX secolo. La sua giustificazione è contenuta nell’opera di Gustav Rehn Hok Il mondo come labirinto, pubblicata nel 1957. Arcimboldo è nato nel tardo Rinascimento, e le sue prime opere sono state fatte in una maniera rinascimentale tradizionale. Secondo Hok, durante l’epoca rinascimentale l’artista doveva essere prima di tutto l’artigiano di talento che imitava abilmente la natura, poiché l’idea di belle arti si basava sul suo studio. Il manierismo differisce dall’arte rinascimentale per l’attrazione verso “l’astrazione non naturalistica”. Era una continuazione dell’innovazione artistica del tardo Medioevo: l’arte che incarna le idee. Secondo G. Hok, nella coscienza c’è il concetto-un’immagine o un’immagine del concetto, un prototipo intellettuale. Arcimboldo, partendo dai concetti, dipinse quadri metaforici e fantastici, estremamente tipici dell’arte manierista. In Sulla bruttezza, che fu pubblicato sotto l’edizione di Umberto Eco, Arcimboldo ammise anche l’appartenenza alla tradizione manieristica per la quale è peculiare “…la preferenza per l’aspirazione allo strano, allo stravagante e all’informe rispetto al fine espressivo”.

Nell’opera Arcimboldo e l’archimboldesk, F. Legrand e F. Xu hanno cercato di ricostruire le posizioni filosofiche dell’artista. Sono giunti alla conclusione che le vedute rappresentavano una sorta di panteismo platonico. La chiave per ricostruire la visione di Arcimboldo sembrava loro essere nel simbolismo delle celebrazioni di corte messe in scena dall’artista, e nelle sue serie allegoriche. Secondo i dialoghi di Platone “Timeo”, un dio immemorabile ha creato l’universo dal caos da una combinazione di quattro elementi – fuoco, acqua, aria e terra, come definisce l’unità onnicomprensiva.Nelle opere di T. Dakosta Kauffman l’interpretazione seria del patrimonio di Arcimboldo nel contesto della cultura del XVI secolo viene effettuata in modo coerente. Kauffman in generale era scettico sull’attribuzione delle opere di Arcimboldo, e riconosceva come indubbi originali solo quattro quadri, quelli con una firma dell’artista. Basò l’interpretazione sul testo del poema inedito di J. Fonteo “Il quadro Stagioni e quattro elementi dell’artista imperiale Giuseppe Arcimboldo”. Secondo Fonteo, i cicli allegorici di Arcimboldo trasferiscono idee di grandezza dell’imperatore. L’armonia in cui frutti e animali sono combinati in immagini della testa umana simboleggia l’armonia dell’impero sotto il buon consiglio degli Asburgo. Le immagini delle stagioni e degli elementi sono sempre presentate di profilo, ma così Inverno e Acqua, Primavera e Aria, Estate e Fuoco, Autunno e Terra sono girati l’uno verso l’altro. In ogni ciclo si osserva anche la simmetria: due teste guardano a destra, e due – a sinistra. Le stagioni si alternano in un ordine invariabile, simboleggiando sia la costanza della natura che l’eternità del consiglio della casa degli Asburgo. Anche la simbologia politica vi accenna: all’immagine dell’Aria ci sono simboli asburgici – un pavone e un’aquila e il Fuoco è decorato con una catena del Premio del Vello d’Oro, un grande maestro del quale per tradizione era un capo di una dinastia regnante. Tuttavia è fatto di selci e di acciaio ferrato. Anche le pistole indicano l’inizio aggressivo. La simbologia asburgica è presente nel quadro Terra, dove la pelle di leone designa un segno araldico della Boemia. Perle e coralli simili a corna di cervo in Acqua alludono allo stesso modo.

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