Il termine colophon deriva dal tardo latino colophōn, dal greco κολοφών (che significa “cima” o “tocco finale”).
Il termine colophon fu usato nel 1729 come spiegazione bibliografica alla fine del libro dallo stampatore inglese Samuel Palmer nel suo The General History of Printing, from Its first Invention in the City of Mentz to Its first Progress and Propagation thro’ the most celebrated Cities in Europe. Da allora, il colophon è la designazione comune per la pagina finale che dà i dettagli della creazione fisica del libro.
L’esistenza dei colophon può essere fatta risalire all’antichità. Zetzel, per esempio, descrive un’iscrizione del II secolo d.C., trasmessa in manoscritti umanistici. Egli cita il colophon dal manoscritto di Poggio, un umanista del XV secolo:
Statili(us) / maximus rursum em(en)daui ad tyrone(m) et laecanianu(m) et dom̅ & alios ueteres. III.
(“Io, Statilio Massimo, ho rivisto per la seconda volta il testo secondo Tiro, Laecanio, Domizio e altri tre”)
I colofoni possono essere classificati in quattro gruppi. I colophon assertivi forniscono informazioni contestuali sullo scriba e sul manoscritto. I colophon espressivi dimostrano i sentimenti e i desideri dello scriba. I colophon direttivi fanno fare qualcosa al lettore, e i colophon dichiarativi fanno qualcosa con il lettore.
Esempi di colophon espressivi:
Finit dicendo: Ludid. Quicunque scriptor scribit / Leti ut scribunt scribae.
(“Finisce dicendo: “Ogni scriba che scrive si diverte, perché gli scrivani sono felici”.)
“Finalmente ho finito, e la mia mano stanca può riposare.”
Esempio di colophon direttivo:
O beatissime lector, lava manus tuas et sic librum adprehende, leniter folia turna, longe a littera digito pone.
(“O graziosissimo lettore, lavati le mani e tocca il libro solo così: gira le pagine dolcemente e tieni il dito lontano dal testo”.)
Esempio di colophon direttivo e dichiarativo:
Si quis et hunc sancti sumit de culmine galli / Hunc Gallus paulusque simul dent pestibus amplis
(“Se qualcuno prende questo libro dal patrimonio di Gall, Gall e Paulus insieme gli infliggeranno la peste”.)
Il termine si applica anche alle iscrizioni su tavolette d’argilla aggiunte da uno scriba alla fine di un libro del Vicino Oriente antico (es, babilonese antico/medio/tardo, assiro, cananeo), come un capitolo, un libro, un manoscritto o un documento. Il colophon di solito conteneva fatti relativi al testo come la persona o le persone associate (ad esempio, lo scriba, il proprietario o il committente della tavoletta), il contenuto letterario (ad esempio, un titolo, “frasi a effetto” (frasi ripetute), o il numero di righe), e l’occasione o lo scopo della scrittura. I colofoni e le frasi a effetto aiutavano il lettore a organizzare e identificare varie tavolette, e a tenere insieme tavolette correlate. Dal punto di vista della posizione, i colofoni sulle tavolette antiche sono paragonabili a una linea di firma nei tempi moderni. Bibliograficamente, tuttavia, assomigliano più da vicino alla pagina dell’impronta in un libro moderno.
Esempi di colophon nella letteratura antica possono essere trovati nella compilazione The Ancient Near East: Supplementary Texts and Pictures Relating to the Old Testament (2nd ed., 1969). I colofoni si trovano anche nel Pentateuco, dove la comprensione di questa antica convenzione letteraria illumina passaggi che sono altrimenti poco chiari o incoerenti. Esempi sono Numeri 3:1, dove una successiva (ed errata) divisione dei capitoli rende questo verso un titolo per il capitolo successivo invece di interpretarlo correttamente come un colophon o un riassunto dei due capitoli precedenti, e Genesi 37:2a, un colophon che conclude le storie (toledot) di Giacobbe.
Un ampio studio degli undici colophon trovati nel libro della Genesi fu fatto da Percy John Wiseman. Lo studio di Wiseman sui colofoni della Genesi, a volte descritto come l’ipotesi di Wiseman, ha un esame dettagliato delle frasi ad effetto di cui sopra che erano usate nella letteratura del secondo millennio a.C. e precedenti per legare insieme i vari racconti in una serie di tavolette.
Si tratta di una serie di frasi ad effetto che sono state usate nella letteratura del secondo millennio a.C.